martedì 9 luglio 2013

La questione FIAT e la sentenza della Consulta
di Franco Bertini


I recenti avvenimenti politico-sociali sono degni di qualche commento. E’ il caso di ripercorrere insieme la sequenza micidiale di eventi che ha in qualche modo avvelenato i pozzi della politica stantia di quello che , con felice intuizione, Marco Revelli chiama il governo delle due destre:
1)      3 luglio: con una sentenza limpida e indiscutibile, la Corte Costituzionale boccia quella parte dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori (modificato nel 1995) che impedisce la rappresentanza sindacale nelle fabbriche a quei sindacati che non hanno sottoscritto accordi contrattuali. Nello specifico l’articolo era stato applicato alla lettera dalla FIAT nei confronti della FIOM.
2)      3 luglio: in serata la FIAT esprime la sua delusione in una nota, in cui spiega che a questi punti è necessaria una legge per risolvere i dubbi che la sentenza della corte lascia aperti in merito ai criteri di rappresentatività nelle fabbriche.
3)      4 luglio: fa eco al comunicato FIAT il giuslavorista Pietro Ichino (ex PD, ora Scelta civica) , da sempre amante della svolta FIAT di Pomigliano, in un’intervista a Repubblica, in cui spiega, fra l’altro, che “un sistema di relazioni industriali funziona se tra le parti contrapposte c’è una visione comune almeno sugli obiettivi da raggiungere e i vincoli da rispettare”. Come dire che i sindacati possono sì contrapposti all’azienda, è il loro mestiere purtroppo, ma solo su questioni che non riguardano al gestione aziendale! Se non fosse drammatico sarebbe tutto da ridere…
4)      4 luglio: conseguentemente alla sentenza che, come è logico nelle sentenza della Consulta, denuncia l’anticostituzionalità di un provvedimento ma non risolve il problema sollevato, diversi commentatori commentano che a questi punti il governo deve proporre una legge che chiarisca il problema della rappresentanza sindacale senza equivoci. Il problema è, ovviamente, come restituire voce a sindacati fortemente rappresentativi ma non firmatari di accordi di produzione, come è appunto accaduto nel contenzioso fra FIAT e FIOM negli ultimi drammatici anni. E’ evidente che in questo modo un sindacato anche maggioritario come rappresentanza deve smantellare la sua presenza nei luoghi di lavoro se non è firmatario di accordi e , viceversa, sigle sindacali poco rappresentative, assumono voce in merito a questioni delicatissime, se in accordo con l’azienza. Naturalmente si resta in attesa delle motivazioni della sentenza, ma non vi è dubbio che la linea FIAT-ministro Sacconi è stata smantellata e deve essere modificata.
5)      5 luglio: compare sui giornali nazionali (con l’eccezione incredibile, se non ho visto male, del Corriere della sera) il comunicato della presidente Boldrini che dichiara di non accettare l’invito alla visita dello stabilimento Fiat in Val di Sangro, invito rivoltogli dall’amministratore delegato  Marchionne, lo stesso che aveva decisamente criticato l’incontro fra la presidente della Camera e una delegazione FIOM qualche giorno prima, e proprio perché la FIOM non sarebbe “rappresentativa”. Scrive la Boldrini nella sua lettera di rifiuto: “Le vecchie ricette hanno fallito e ne servono di nuove. Affinché il nostro Paese possa tornare competitivo è necessario per correre la via della ricerca, della cultura, dell’innovazione. Una via che non è in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa”.
Come si vede è una sequenza micidiale e foriera di grandi trasformazioni in corso. E che cosa fa in tutto questo movimento il “governo delle due destre”? Tace, ammutolisce, non commenta. Né, aggiungo, potrebbe farlo, perché la linea di questo governo, fortemente in continuità con il precedente e con l’ancora precedente governo Berlusconi, è quella del consenso a relazioni industriali dettate dalle aziende ai lavoratori, partendo dalle promesse (false, almeno quelle della Fiat) di nuovi posti di lavoro e rinnovo della produzione.
La FIAT di Marchionne ha in questi anni, con il benestare dei vari Ichino, percorso all’indietro la strada della tutela dei diritti, ponendo sotto ricatto la classe operaia in modo ignobile e cancellando le conquiste sindacali che la civiltà del welfare e della tutela dei diritti dei lavoratori aveva conquistato. Laura Boldrini,  una formidabile eccezione ai deliri della nuova legislatura, queste cose le ha denunciate con chiarezza nel silenzio generale. La Consulta ha espresso il suo parere (di cui sapremo a breve le motivazioni) a tutela delle norme costituzionali. E il governo temporeggia imbarazzato.
Una breve nota conclusiva: questo governo vuole fare una riforma costituzionale in senso presidenzialista. Nello scenario della crisi italiana in corso questa non è affatto una priorità ed è per giunta un gravissimo rischio. La Costituzione va difesa, a partire dalla tutela dei diritti civili e sociali, non modificata.

Franco Bertini

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