mercoledì 31 luglio 2013

UNA RISPOSTA ED UNA DOMANDA AL PROF. BERTINI
di Sandro Bertagna

Siamo abituati a fare i conti con il modo di ragionare e con le idee degli altri, anche quando sono espresse con insulti e provocazioni francamente dure da digerire.
Se questi vengono da destra, pur riflettendo, si rispediscono al mittente e si va oltre;..."non ti curar di lor, ma guarda e passa."
Il mio atteggiamento cambia però quando vengono da forze o persone dotate di spessore culturale e di orientamento progressista. Personalmente non conosco il prof. Bertini che gode però dell'amicizia e della stima di alcuni miei amici e compagni. Di lui so che è un valido insegnante del Liceo Costa nonchè autore di studi e pubblicazioni.
Abbiamo ricevuto da lui due articoli entrambi pubblicati su questo blog. L'ultimo riguarda essenzialmente il quadro politico attuale, gli assetti di governo dopo l'esito del voto. Il primo invece contiene riflessioni, anche condivisibili, sul nodo cruciale del rapporto tra lavoro e diritti -persino di rilevanza costituzionale – concludendo con una nota allarmata sul "gravissimo rischio" di una riforma della Costituzione.
Entrambi gli articoli esprimono tuttavia un'acredine di fondo nei confronti del PD, una sfiducia aprioristica talvolta supportata da valutazioni o supposizioni a mio parere non fondate. Quale ad esempio che "questo governo vuol fare una riforma costituzionale in senso presidenzialista". Sicuramente così pensano alcuni suoi membri, ma a me non risulta che il governo, quale organo collegiale, abbia mai assunto un atto in tal senso. Oltretutto indebito, dato che il potere di modificare la Costituzione appartiene solo ed esclusivamente al Parlamento ed in ultima istanza al popolo con referendum costituzionale.
Nè mi risulta che il PD abbia mai deliberato nei suoi organi statutari o nei suoi congressi l'opzione presidenzialista. Naturalmente so bene che suoi singoli esponenti – a cominciare dal sindaco Renzi – auspicano tale sbocco o che altri ancora cincischiano sul bilanciamento tra i poteri immiserendo e svilendo il tutto riducendolo ad una buona legge sul conflitto di interesse. Miserie culturali, oltrechè politiche. Penso che su ciò stia venendo il momento in cui il PD dovrà finalmente decidere quale scelta fare e penso pure che vi sarà una battaglia limpida e di alto profilo. Una battaglia chiara, di quelle che lasciano il segno.
Spero che nel frattempo il Prof. Bertini ci faccia la grazia della sua sospensione di giudizio in attesa dell'esito di tale confronto. Se non altro per ritrovarci poi più uniti e numerosi in occasione del referendum confermativo.
Anche perchè ad essa è collegata un'altra questione di fondo: la crisi del rapporto tra cittadini ed istituzioni e la crisi della politica in generale.Fenomeni che investono diversi paesi e società. Non ho qui lo spazio per affrontare questi temi che rimandano a questioni di portata storica quali la globalizzazione, lo strapotere – ovvero il potere senza limiti, vincoli e regole – del capitalismo finanziario a cui fa da specchio l'incapacità strutturale di moltissini Stati nazionali, tra cui il nostro, ad esserci ed a contare nel nuovo e storto mondo del secondo millennio.
Ma in Italia c'è un qualcosa nella sua politica di più grave ed insano. Che ha preso corpo, come offensiva della destra a cui la sinistra non ha saputo dare una risposta adeguata, col modo in cui il sistema politico italiano ha reagito alla crisi dei partiti della fine degli anni '80. Si ritenne in vario modo di rispondere a quella crisi, non con un ripensamento ideale e culturale sulla natura e sul modo d'essere dei partiti, bensì con un nuovo "sistema politico" basato sul personalismo e sul leaderismo aggregante.
Su questa strada, sospinta dalla destra, venne a prevalere una rivincita politica dei poteri forti, economici e sociali, nei confronti del solidarismo sia di matrice cattolica sia di quella socialista. Non si può dire che a sinistra non si tentò di fare argine a questa deriva. Per questo fondammo il PD con l'elaborazione che animò il convegno di Orvieto. Non sempre a me pare che a quelle intuizioni siamo rimasti coerenti, tanto che ancor oggi ritornano come esclusive e sovraordinate le logiche totalizzanti delle primarie. Come se tutto debba iniziare e concludersi in esse. La stessa vita del PD tra una primaria e l'altra svanisce: persino la campagna elettorale è stata fatta prevalentemente sul ricordo ripetuto delle primarie che si erano concluse da tempo. Se le primarie sono il tutto, tanto valeva rimanere all'Ulivo strutturandolo come grande comitato elettorale a sostegno della leadership. Si dirà che l'Ulivo era diviso su tutto . E oggi invece ? Si ironizza persino tra di noi sul rischio di avere in Parlamento il più grande gruppo misto che la storia repubblicana ricordi.
Volevamo e vogliamo un partito forte ed adeguatamente coerente ed unito sulle questioni di fondo, in cui si discute, si studia e si approfondiscono i temi che si impongono all'agire politico e su cui si marcia uniti dopo aver deciso. Così oggi il PD non è. Per fugare ogni equivoco io non ce l'ho con le primarie, che anzi ritengo una modalità per ricercare una partecipazione ampia ed allargata. Ce l'ho col vuoto oltre le primarie. Mi indispettisce sentir dire che esse sono il Dna del PD. Pensavo e penso che il nostro Dna fosse e sia il riformismo democratico, l'ancoraggio alle sorti dei lavoratori e dei ceti produttivi, di chi fa fatica a vivere senza giustizia sociale, al destino dei giovani di oggi e di domani, ai temi forti dell'Europa civile e politicamente unita che voglia superare il lungo prevalere del dominio della destra liberista.In poche porole ritengo che il nostro Dna debba essere la solidarietà secondo civiltà e giustizia .
Si dirà che i vecchi, quale io sono, sono preda facile della commozione. Cerco di non abbandonarmi ad essa.Ma ci sarà pure un motivo per cui oggi io, nè cattolico nè credente, mi commuovo nel profondo al nuovo messaggio di Papa Francesco. Al netto della fede, che non ho, egli parla dei miei valori ed ai miei ideali e ci fa sentire tutti meno soli di fronte allo strapotere dei ricchi e di "lor signori".
Ritornando ai nostri terreni argomenti ed alle fatiche del confronto quotidiano, ora che questo sistema politico è in crisi e che neppure è in grado di assicurare una normale governabilità al Paese, anzichè trarre dalle vicende e dalle esperienze dell'ultimo ventennio una riflessione ed un ripensamento di fondo, c'è chi continua a ripetere, nel PD, che la risposta consiste nel creare macchine elettorali al servizio del leader di turno senza neppure considerare che è proprio quello che è stato fatto negli ultimi anni. E così si vorrebbe curare la crisi ripetendo gli stessi errori che ad essa ci hanno portato: sorvolando sul fatto che così si finisce per scivolare su un terreno già battuto ampiamente dalla destra italiana. Non a caso anch'essa in profonda crisi.
Il prof. Bertini ci provoca quando fa propria la definizione di Revelli sul "governo delle due destre". E' una provocazione da respingere, ma va colta la denuncia del rischio di una subalternità culturale e politica della sinistra riformista alla prassi della destra.
Oggi siamo, ancor prima di iniziare, in piena campagna congressuale del PD. Si è partiti malamente. La battaglia sulle "regole" mi pare non appassioni i nostri iscritti, certo non può interessare l'elettorato democratico più vasto. Anche se il non detto che sta dietro a quelle schermaglie ha molto a che vedere con la sostanza dei temi che ho cercato di trattare pur sommariamente. Altri ve ne sono e di analoga portata. Occorre parlarne schiettamente, senza ipocrisie e senza imbellettamenti propagandistici. Sapendo anche che l'esito del congresso non è già definito a priori.
Un'ultima considerazione vorrei proporre a Bertini: so che lui ci è avverso. Non è certamente l'unico ad esserlo, pur da sinistra. Ne rispetto il pensiero autonomo che non condivido, ma quando scrive "bisogna rendere evidenti le contraddizioni dell'avversario, smascherare i suoi falsi ragionamenti, gridare forte che " il re è nudo". Più riusciremo a farlo più restituiremo credibilità alla possibilità di un'alternativa." mi sorgono legittimi interrogativi.Davvero pensa che il crollo del PD e la sua marginalità politica possano dischiudere gli orizzonti di un'alternativa? E di che segno?


Sandro Bertagna



Nessun commento:

Posta un commento