lunedì 5 agosto 2013

UN CICLO E’ FINITO. ORA IL PD CELEBRI IL FUNERALE DELLE LARGHE INTESE
di Giorgio Pagano

La condanna di Berlusconi è diventata definitiva, il crimine è stato accertato: l’ex Cavaliere ha frodato il fisco, gli altri azionisti della sua azienda e il mercato, per costruirsi una provvista di fondi neri da usare in un altro mercato, quello della politica. La sentenza della Cassazione, arrivata nonostante l’impressionante sequela di abusi costruiti dal premier Berlusconi per aiutare l’imputato Berlusconi, illumina l’intero ventennio che abbiamo alle spalle: un periodo in cui la politica italiana è stata influenzata e a lungo guidata da un leader fin dall’inizio al centro di un pericoloso intreccio tra affarismo e politica.
Tener separate, come in tanti hanno detto in questi giorni, le questioni giudiziarie da quelle politiche, è impossibile, perché la Politica non può prescindere dalla Giustizia. L’articolo 54 della Costituzione stabilisce che “i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”: si attui finalmente la Costituzione e si ponga fine allo scandalo di una politica che troppo spesso consente il contrario.
Un ciclo, dunque, è davvero finito. Probabilmente Berlusconi non si metterà da parte, e continuerà a fare del male al Paese (e alla destra italiana, condannata con lui a restare antieuropea). Ma la forza storica del berlusconismo è finita. Ora bisogna uscire dalla prigione di una situazione politica in piena putrefazione, e celebrare il funerale del Governo delle larghe intese. O qualcuno pensa che questo Governo, in cui Berlusconi ha un peso decisivo, possa metter mano alla Costituzione o riformare la giustizia? Dopo questa sentenza, che ha certificato la natura della destra, non è la destra che deve decidere se può restare al governo, ma la sinistra. Se il Pd resterà in questo Governo  perderà la sua anima, e la sua classe dirigente, dopo l’ennesimo soccorso a Berlusconi, decreterà il proprio definitivo fallimento. Il Presidente del Consiglio Letta ha detto che “fermarsi ora sarebbe un delitto”. Ma il vero “delitto”  non è l’alleanza con chi il “delitto” lo ha commesso?
Che fare, allora? Togliamo il Porcellum con il consenso delle forze sane del Parlamento e torniamo al voto. A settembre si può partire dalla proposta più semplice, il ritorno al Mattarellum. E’ l’unica iniziativa possibile per mettere minimamente il sicurezza il nostro sistema democratico. Poi, alle elezioni, servirà una sinistra nuova. E’ una rotta difficile ma chiara. Il Pd avrà l’intenzione di percorrerla?


Giorgio Pagano

2 commenti:

  1. Sin dagli albori della civiltà sta nelle umane vicende celebrare i funerali. Nel caso in questione resta da stabilire chi è il de cuius. Le "larghe intese"? Se si insiste con le etichette propagandistiche le esequie in questione non si celebreranno per la semplice ragione che il supposto de cuius non è mai nato. Sarò cocciuto ma ritengo ancora validi gli argomenti da me usati contro la formuletta delle "larghe intese" con cui iniziavo il mio primo articolo (24 Maggio scorso)su questo blog.
    A rischio di apparire giustizialista, e non lo sono, non ci voleva la sentenza della Cassazione per "illuminare" la visione politica che abbiamo su Berlusconi e sul PdL. La sentenza nulla aggiunge e nulla toglie a quanto politicamente già sapevamo da molti anni.
    Certo, anche al PD compete ora l'esecuzione istituzionale del disposto della Suprema Corte.
    A me pare che tutto il trambusto inscenato dalla destra sul salvacondotto, sulla grazia presidenziale, sulla commutazione della pena o sulla "agibilità politica" del capo/padrone sia in realtà una grande manfrina, indecorosa ed illegittima, che i più avvertiti tra di loro sanno bene non essere nè ricevibile nè concretamente perseguibile.La sparano grossa per cercare una subordinata in grado di limitare i danni. Sperano forse così di indurre l'Aula del Senato a non far decadere dalla sua funzione il Senatore Berlusconi in coerenza della normativa vincolante, dopo la sentenza in giudicato, della legge Severino.
    Prevedo che la pantomima durerà ancora per un pò: fuoco, fulmini e sfracelli di ricatti politici contro le conseguenze della sentenza, identificazione assoluta tra l'uomo del destino ed il suo partito e, assieme a tutto ciò, le più impervie ed azzardate supposizioni giuridiche sull'applicabilità al caso Berlusconi della legge Severino, votata anche dalla destra.
    E' questa la subordinata che vanno cercando? Pensano davvero che nel PD o in altri gruppi parlamentari divampi un'epidemia della sindrome di Stoccolma?
    E' possibile che molti tra i senatori poco o nulla sappiano dello scontro ideale e culturale che quasi un secolo fa contrappose Carl Schmitt e Hans Kelsen, ovvero tra "Stato d'eccezione" e "Stato di diritto costituzionale". Ma i partiti democratici quella lezione storica l'hanno ben intesa.
    Sempre lì ritorniamo, come conseguenza della concezione dei partiti plebiscitari e leaderistici in cui chi sta al vertice finisce per ritenersi "legibus solutus".
    Oggi, grazie alla sentenza definitiva della Cassazione, si può e si deve celebrare il funerale di quella concezione e con essa la politica sottesa.
    Per dirla con Zagrabelsky: la funzione dei principii costituzionali " è politica, ma allo stesso tempo non appartiene alla politica; è essenziale al nostro modo d'intendere la democrazia. Comprendere questi apparenti controsensi non è facile, soprattutto in un Paese come il nostro, dove la cultura politica è poco più che l'idea che tutto sia questione di potere, di rapporti e scambi di favori e di dispetti tra le parti ed i partiti e dove coloro che pur si professano democratici, in molta parte, si sono ristretti a pensare che l'unica cosa che conta davvero è vincere le elezioni."
    Sandro Bertagna

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  2. Capisco che possa non piacere il termine “larghe intese”, e tuttavia la “formuletta” è usata da tutti, in primis dal Presidente del Consiglio Enrico Letta (si veda il testo integrale del suo messaggio per i primi 100 giorni di governo su www.huffingtonpost.it). E’ ovviamente legittimo avere posizioni diverse sull’operato del Governo. Io penso che siano stati 100 giorni di assoluta ambiguità, di opacità sul piano istituzionale e morale: abbiamo bevuto la cicuta dello scandalo kazako e abbiamo assistito all’apertura di un processo di riforma della Costituzione che per una parte della maggioranza è in realtà un processo di controriforma all’insegna del presidenzialismo. Mentre sul piano economico-sociale vedo una continuità con il Governo Monti e le ricette dell’austerity liberista. Ma il punto di fondo che pongo è un altro, e non concorda con la tesi secondo cui “la sentenza su Berlusconi nulla aggiunge e nulla toglie a quanto già sapevamo da molti anni”. Quello che è avvenuto non è certamente una scoperta improvvisa, però è un punto di non ritorno. Sia perché Berlusconi è stato condannato in via definitiva per frode fiscale. Sia perché subito dopo egli ha messo in atto una manovra eversiva contro la separazione dei poteri e contro lo Stato di diritto, cioè contro la nostra democrazia. La richiesta che venga esplicitamente violato il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge che cosa significa se non questo? E’ un elemento non solo politico, ma di modello di civiltà. Ecco perché penso che il Pd vada scosso dal suo politicismo. Non considero perduto il Pd, vorrei che non rinunciasse alla sua natura di perno di un nuovo centrosinistra alternativo al berlusconismo e che non prendesse la china dell’insignificanza. Proprio per questo il Pd deve assumere un’iniziativa per superare l’attuale quadro di governo. La finzione delle “larghe intese” è stata lacerata dalla condanna e poi dalla manovra eversiva del Pdl. Il Pd, a questo punto, deve dettare regole e contenuti essenziali per chiudere una fase e aprirne un’altra, che passi dalla riforma della legge elettorale. Il Pd deve cioè recuperare il senso della responsabilità verso il cambiamento offuscato dalle sue lotte intestine. Ricordiamoci che gli oltre cento parlamentari che hanno votato contro Prodi l’hanno fatto lucidamente per scegliere la linea delle “larghe intese”, contro la volontà degli elettori e degli iscritti del Pd, e in contrasto con il programma elettorale della coalizione di centrosinistra. E’ questa linea che va sconfitta, altrimenti il Pd prenderà la strada del Pasok. Ma è arrivato il momento dell’assunzione di responsabilità anche per il M5S: oggi è chiaro quali gravi errori ha compiuto dopo il voto. Sottrarsi di nuovo alle scelte necessarie per il cambiamento non sarebbe più compreso da molti suoi elettori.

    Giorgio Pagano

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