venerdì 24 maggio 2013

Dal Governo ( nato col cesareo ) al Congresso del PD
di Sandro Bertagna

Sul Corriere di oggi compare l'editoriale di Angelo Panebianco dal titolo "Un armistizio indispensabile". Alla buon'ora!
Il politologo, sempre attento alle ragioni sociali e politiche della destra,  si accorge che l'enfasi con cui da quel campo si è parlato a sproposito di "larghe intese" o di "governo politico, frutto di un'alleanza politica" in realtà era mera propaganda  alimentata dal PdL e dal suo leader.
Il PD e il PdL erano e restano partiti alternativi, con progetti politici diversi . Tutto il resto che viene detto, a destra come a sinistra nonchè da Grillo, sono solo chiacchiere. Possono nuocere al Pd, per questo le fanno, ma sempre chiacchiere rimangono.
Del resto è lo stesso on. Alfano che riconosce ora che "Il governo non vive della solidarietà dei partiti, ma della comune volontà di realizzare il programma." Per l'appunto; ma è già qualcosa.
Più vicina alla realtà è la valutazione che si è ragionevolmente dato vita ad un governo di "armistizio indispensabile"ed obbligato aggiungo, figlio del risultato elettorale e dei reali rapporti di forza in Parlamento determinati dagli elettori. Esso nasce anche dalle preclusioni del Movimento 5 Stelle ad aprirsi ad un dialogo e ad un rapporto politico, anche limitato, col PD, nonchè dal pressante allarme sociale sempre più acuto e doloroso. Ha pesato certamente anche la proccupata valutazione sui rischi di un collasso istituzionale della Repubblica qualora la governabilità non fosse stata trovata in un succedersi inconcludente di reiterati ricorsi  al voto degli elettori sempre col Porcellum.
Siccome penso anche che non si debba mai scaricare solo sugli altri o sul destino le colpe delle vicende avverse, occorre a tutto ciò anche affiancare la valutazione dei propri errori e delle proprie
inadeguatezze. Ed il PD entrambi li ha mostrati, sia durante la campagna elettorale, sia sulla gestione politica del dopovoto. Dopo le primarie è prevalso un fiducioso attendismo su di un esito che ci appariva scontato e positivo. Forse poco prima del voto si avvertì che così non era, ma ormai era tardi per far intendere un reale cambiamento di impostazione
Poi , dopo il responso elettorale, ci si è troppo a lungo arroccati su un obiettivo politico, certo desiderato e coerente con la proposta elettorale, ma che il voto degli italiani e il numero dei seggi al  Senato rendevano quantomeno molto difficile da ottenere. Ci siamo illusi – io per primo- sulla portata dell'elezione del sen. Grasso alla Presidenza del Senato, avvenuta mediante ballottaggio con l'apporto determinante di una frangia dei 5 Stelle e con le schede bianche di Scelta Civica. Ci parve quel giorno che si schiudesse una possibilità, uno spazio politico per una qualche intesa, anche ridotta all'essenziale, con il movimento di Grillo. Ma fu subito chiaro, nei giorni immediatamente successivi, con la reazione stizzita che quel movimento espresse nei confronti di quei voti in libera uscita (rientrati prontamente nei ranghi) che quel voto era un episodio a sè.
Il lungo insistere sul mandato a Bersani precluse, di fatto,ogni apertura  per tentare uno sbocco diverso alla crisi. Con i se e con i ma non si fa storia; certo è che non fu tentato verso il Movimento 5 Stelle  un approccio politico su di un nome tra noi e loro.E soprattutto non fu avanzata tale indicazione al Presidente Napolitano. Che avrebbe potuto , con la rinuncia di Bersani e la richiesta in tal senso del partito maggiore, affidare un mandato esplorativo  ad una personalità quale Zagrebelsky o Rodotà.
Illusioni sull'esito? Forse.Nella peggiore delle ipotesi oggi Grillo urlerebbe di meno contro noi  ed urlerebbe di più, contro di lui, buona parte del suo elettorato.
Vi fu poi l'intreccio tra il tentativo di  Bersani e la pausa per l'elezione del Presidente della Repubblica. Apparve in quel momento un'apparente apertura di Grillo con l'offerta di una convergenza nel voto del Prof. Rodotà alla Presidenza della Repubblica. Per il modo impositivo con cui venne proposto, ed anche per la reticenza con cui lo stesso Rodotà mai richiese esplicitamente il voto del PD, in quei giorni , pensando a Grillo, mi venne spesso alla mente quel personaggio del teatro dialettale milanese,  il Tecoppa, che urla alla morosa che scappa " Fermati e abbracciami, che t'infilzo ". Col pugnale, ovviamente.
Non intendo eludere inoltre il dolore e lo smarrimento, per altro non dire, causato dal voto che molti parlamentari del PD hanno reso per l'elezione del Presidente della Repubblica. Forse neppure hanno riflettuto sulla ferita che hanno aperto nel proprio elettorato affossando la potenzialità della candidatura di Prodi, che comunque riguardava una delle figure identitarie del PD stesso. Meno convincente e comunque reticente è però la condanna di quel fatto da parte di chi non ha diretto quegli appuntamenti parlamentari; affidandosi ad una regia ondivaga ed affrettata, senza una schietta discussione politica e in un confronto serrato con i gruppi parlamentari ; soprattutto senza riflettere sulle conseguenze che discendevano dalla decisione di Scelta Civica di votare per la Cancellieri. Penso così che, in quelle concrete condizioni, Prodi non sarebbe stato eletto neppure col voto compatto di tutti i parlamentari PD.
L'assetto di governo che, dopo la rielezione di Napolitano, ne è risultato,come ho già detto, è principalmete la conseguenza del voto elettorale degli italiani e delle loro scelte politiche. Bisogna prenderne atto interrogandoci semmai perchè gli elettori hanno determinato quei rapporti di forza in Parlamento. Ma chiedendoci anche se e  quanto ha inciso la gestione politica del dopo voto. Penso che probabilmente sarebbe finita comunque più o meno così come si è conclusa. In modo difforme dal nostro obiettivo elettorale. Capisco quindi la delusione ed anche l'amarezza individuale. Ma un partito va oltre questi stati d'animo discutendo e confrontandosi, deve continuare a far politica nelle condizioni date dall'elettorato. Non può far l'offeso dal responso democratico delle urne, nè può finire paralizzato ogni qualvolta gli elettori non abbiano corrisposto ai propri desideri.
Ora vi è un governo: è il governo Letta, da lì si riparte. E' presieduto da un nostro dirigente, autorevole e qualificato, a capo di un esecutivo e di una maggiorenza composite con il centrodestra.. I problemi sono enormi, in un clima politico non certo facile. Con essi il governo e la sua maggioranza devono misurarsi. Un governo di servizio, si autodefinisce. Il PD deve  ottenere che esso serva agli italiani, con l'inziativa e con la battaglia delle idee e delle proposte. Misurando in ciò la propria capacità a competere sulla scena politica. E facendo della nostra competitività politica il centro della nostra imminente riflessione congressuale.
Già nei prossimi mesi, quattro o cinque mesi, dovremo misurarci con passaggi epocali in Italia ed in Europa. A fine Giugno e a fine Ottobre in Europa si definiranno indirizzi ed assetti politici decisivi per l'Italia e per il nostro futuro. Su questi influiranno le decisioni del Governo e gli orientamenti degli italiani.
 Sarà decisiva la consapevolezza, per quanto ci riguarda, che il nostro congresso non avverrà in un tempo di bonaccia ma attraverserà un tornante decisivo e cruciale della storia del Paese e dell'Europa. Ed altrettanto decisivo sarà il modo con cui il PD di ciò saprà parlare e rapportarsi con gli italiani.


                                                                                             Sandro Bertagna                                                                                                                              

1 commento:

  1. Condivido l'analisi. Proprio per questo ho dato le dimissioni dal PD, in quanto non ho potuto trovarvi alcuna necessità o volontà di fare analisi di politica economica,neppure la considerazione che la profezia del grande economista Marx sulla fine del Capitalismo si stava avverando, a seguito del capovolgimento criminale della scala dei valori. Mentre i valori finanziari devono sottostare ai valori economici, si stava assistendo all'inverso. Se si fosse fatta più analisi sarebbe stato possibile armonizzare le istanze degli iscritti di estradione marxiana (o anche marxista) con gli iscritti di estradizione cattolica, perché anche nella scala dei valori propugnati dalle Encicliche Sociali della Chiesa i valori finanziari devono sottostare ai valori economici.
    Le due scale sono parallele. In fondo devono stare i valori finanziari, più sopra i valori economici, più sopra i valori umani, più sopra ancora i valori etici. Più sopra ancora, per i soli credenti, i valori religiosi o del sacro. Ma questo spezzone estremo di scala non doveva creare differenza alcuna nella prassi politica e partitica.
    Certo che sia per gli iscritti di derivazione marxiana e marxista, sia per gli iscritti di derivazione cattolica, bisognava spiegare che fra i valori economici esisteva anche l'ambiente, anche se - purtroppo - nell'insegnamento di econometria si evitava e si evita di calcolarne l'incidenza nella valutazione della applicazione del principio del minimo mezzo.
    Sarà possibile, in nuovo partito, o in una rifondazione del PD, affrontare questi problemi fondamentali per la vita politica e partitica?
    enrico calzolari
    semiologo d'ambiente e ambientalista

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