lunedì 3 giugno 2013

Enel, ambiente e sviluppo
di Sandro Bertagna

Vengono in questi giorni a compimento gli approcci per la definizione della Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) relativa alla centrale termoelettrica Enel della Spezia.
Da quel poco che ne so, pare che l'apposita Conferenza si accinga a porre all'Enel l'obiettivo di un graduale miglioramento ambientale, dapprima lentamente poi più speditamente, da perseguire nei prossimi sette anni: Si porrebbero  limiti più restrittivi alle emissioni dei più significativi inquinanti (SO2, NO2, CO, polveri ;  ovvero  anidride solforosa, diossido di azoto, monossido di carbonio e polveri) che comunque resterebbero, pur nei limiti di legge, in quantità non irrilevanti.
L'SO2 per i prossimi tre anni scenderebbe a 4.200 t/anno, l'NO2 a  3.200 t/anno, il CO a 1.800  e le polveri a 220.  Successivamente a partire dal quarto anno scenderebbero ulteriormente: 3.000 t/anno per l'SO2, 3.000 t/anno per l'NO2, CO ferma a 1.800 e in lieve ulteriore diminuzione le polveri a
200 t/anno.
Certamente un miglioramento rispetto alla situazione attuale, è innegabile.
E tuttavia qualcosa non convince. Cercherò di esprimere il mio punto di vista.

Ritengo che per la prima volta si interrompe una linea politica che  in un lungo arco di tempo la città  ha impostato la sua iniziativa nei confronti dell'Enel, conseguendo ambiziosi risultati.
Mi sia consentito di affidarmi alla memoria, sperando di non sbagliare, nel ripercorrere  l'impegno con cui  gli spezzini hanno sviluppato quella politica dal '70 ad oggi.
La centrale fu inaugurata nel 1962. All'epoca non vi furono significativi dissensi, salvo qualche illuminata ed individuale protesta da contare sulle dita di una mano. C'era allora solo voglia di lavoro, di rientro dalla Germania e dalla Svizzera  di tanti lavoratori  licenziati dieci anni prima dalle fabbriche spezzine e non v'era  ancora significativa traccia di una cultura ambientalista. In quel contesto sociale e culturale l'Enel e le istituzioni di quegli anni ebbero la bella idea di realizzare una centrale termoelettrica – tra le più imponenti di allora – dentro il perimetro urbano della città, contrariamente a quanto si faceva da tutte le altre parti che infatti le realizzavano in aperta campagna.
Per un pò di tempo non sorsero problemi, ma già dopo tre o quattro anni crebbero nel levante cittadino un diffuso malessere e le prime proteste. Prima pochi gruppi isolati, le donne in particolare che facevano caso a come si sporcavano i panni stesi ad asciugare e che quindi deducevano la qualità dell'aria che respiravano, poi montò il "mugugno" e la diffidenza corale in quella parte della città. Sorsero i primi nuclei della protesta – ricordo quello che aveva per portavoce ed animatore Pino Malagamba a Melara-  poi il malcontento si diffuse in tutte le frazioni attorno all'Enel. Oltre al primo gruppo di Melara a protestare erano ormai un pò tutti i cittadini del Limone e del Termo, di Pitelli, San Venerio, Canaletto, Ruffino; persino all'Antognana ,  a Mazzetta e a Valdellora i residenti che più facevano i conti con l'inquinamento della  limitrofa raffineria IP – che i vecchi chiamavano  Nafta – si unirono agli altri a protestare contro IP ed Enel.
Tutti assieme diedero vita ad un movimento popolare, unitario e di massa  che coinvolse l'intera città e un pò tutte le forze poliche, chi più  chi meno. In quel movimento c'ero anch'io e la mia partecipazione, allora giovane funzionario della Federazione comunista, con molti altri miei compagni di allora, stava a significare il sostegno del PCI -forse per la prima volta- ad un movimento di massa sui temi della salute e dell'ambiente.
Nella primavera del '70 sfilò per Spezia un composito corteo – famiglie con i loro bambini, molte donne, gente di ogni età, insomma popolo – più di 3.000 persone che ordinatamente ma radicalmente chiedevano di vivere meglio.
La dirigenza Enel osservava, raccoglieva tutto il nostro materiale di documentazione, i vari volantini che producevamo, taceva e continuava a gestire l'impianto come prima.
Allora la centrale contava quattro ciminiere, due altissime (oggi ne è rimasta una) e due più basse, quasi a filo dei nasi di Pitelli e San Venerio. Aveva due grandi gruppi da 600 MW (megawatt) e due da 300 MW per un totale di potenza installata di 1.800 MW : era una delle più grandi d'Europa. Produceva elettricità per la rete nazionale bruciando prevalentemente gasolio ma anche carbone, entrambi di pessima qualità e molto inquinanti in quanto contenevano un alto tasso di zolfo.
Le nuove elezioni amministrative riportarono alla guida del Comune Varese Antoni che, forte del movimento in atto, adottò tra i suoi primi atti un'ordinanza alla Centrale imponendole l'uso di combustibili, certamente assai più costosi per l'Enel, a BTZ ( a Basso Tenore di Zolfo).
L'Enel non gradì, ma si adeguò.
Fu il successivo sindaco, Aldo Giacchè,  che chiese ed ottenne un'ulteriore svolta gestionale. Infatti si notò che l'uso promiscuo di carbone e gasolio "impastava" gli elettrofiltri reducendone   la potenzialità a captare e trattenere gli inquinanti. La giunta di allora si poteva valere del contributo di un valido esperto in materia, Piergiorgio Sommovigo.
Si  ottenne così l'uso esclusivo del carbone a basso o bassissimo tenore di zolfo, che comportò un ulteriore miglioramento ambientale e gestionale.  Fu sostenuto poi che neppure quest'indubbio miglioramento poteva concludere la lunga vertenza della città con l'Enel. Sostenni allora, divenuto Sindaco, che si doveva porre il problema di un'ulteriore modifica sia alla struttura impiantistica della centrale sia alla sua gestione. Erano ormai maturi i tempi per porci, sensatamente, ulteriori obiettivi.
Nel frattempo l'Enel si attestava, oserei dire si arroccava su di un principio solo apparentemente inoppugnabile: verifichi e controlli il Comune se la centrale opera nei limiti di legge alle emissioni degli inquinanti, al resto -gestione, impiantistica, scela dei combustibili - ci pensa Enel.
In sostanza era quella che chiamammo " la politica della stipa ". Enel bruci quel che vuole, anche la stipa, purchè non sfori i limiti di legge. Ne discutemmo approfonditamente, ma poi decidemmo unitariamente per parte nostra  che invece occorreva proseguire la politica  che -fermi restando i limiti all'inquinamento- interveniva significativamente sui combustibili usati, sull'impiantistica e sulla gestione industriale dell'impianto. Ritengo che eravamo lugimiranti e  nel giusto; anticipavamo solo quello che oggi è divenuta legge comunitaria.
Vi fu un contenzioso con l'Enel anche assai aspro, si arrivò con la giunta Burrafato addirittura all'ordinanza di blocco della Centrale per il conflitto con le norme a tutela delle temperature delle acque di scarico nel golfo; insomma una vertenza dura e stringente.  Che però si concluse assai bene  per la città. Si conquistò infatti una buona intesa che abbattè di un terzo la potenza complessiva  demolendo un gruppo da 600 MW ; si passò così da una potenza installata di 1800 MW agli attuali 1200.  E la nuova termocentrale doveva andare  per metà a carbone, per metà a metano. Rimase un gruppo da 600 MW a carbone e gli altri due da 300MW furono irreversibilmente convertiti a metano. Furono conseguentemente abbattute tre ciminiere , una alta e le due basse.
 E siamo così giunti all' oggi.
Vorrete scusarmi per la lunga narrazione dei decenni passati, ma essa è utile e necessaria per riflettere sui problemi che abbiamo di fronte ora.
Non credo che neppure oggi si debba accettare la "politica della stipa" pur con limiti alle emissioni  ulteriormente e significativamente ridotti. Anche perchè il processo normativo è andato               notevolmente avanti soprattutto con le più recenti direttive comunitarie. Oggi in Europa si ragiona in termini più avanzati sia per i traguardi ambientali sia a proposito di innovazioni tecnologiche , produttive  e di più alti rendimenti energetici. E' la politica europea delle MTD (Migliori Tecniche Disponibili). E ancora una volta a Spezia l'Enel si trova arretrata e deficitaria rispetto alle nuove politiche europee e nazionali.
La resa energetica della centrale a Spezia è sensibilmente inferiore al 40% a cui si fa riferimento con le MTD. Ciò dipende dallo scarso rendimento dell'unico gruppo a carbone rimasto che raggiunge solo il 36,9% e che scende al 33,7% di resa energetica ceduta  alla rete. Ben diversa e migliore è la resa di entrambi i gruppi a metano che raggiungono il 47,7%  e del 42% di resa alla rete. Il deficit di rendimento del solo gruppo a carbone diminuisce  notevolmente il rendimento globale di tutta  la centrale che nell'insieme è così  ben inferiore al 40% raggiungendo infatti solo il 35,5% di resa all'utenza.
A me non pare illogico, ma coerente con la storia dei nostri rapporti con l'Enel, porre oggi il problema  della dismissione del gruppo a carbone. Non manca il metano  nel mercato energetico, anzi ve ne sarà sempre di più. E rimane intatta la questione – specifica per La Spezia – di una centrale sorta all'interno del perimetro urbano che pertanto deve fare i conti con i combustibili più inquinanti.
Sostituire il gruppo a carbone  con analoga o inferiore potenza derivante dal metano mi pare non solo il logico sviluppo di una politica fin qui perseguita e concretamente realizzata. Ma ciò che più conta se così fosse è il fatto che in tal modo non ci sarebbero più tutte le polveri inquinanti, tutta l'anidride solforosa, mentre il diossido di azoto si ridurrebbe di due terzi. Si realizzerebbe quindi una positiva e radicale svolta ambientale a favore della città . Nel contempo ben maggiore sarebbe il rendimento energetico  della centrale che passerebbe così  dal 35,5% al 42% di resa alla rete. In linea con i parametri europei.
Per la verità i risultati complessivi andrebbero anche oltre i temi della salute, dell'ambiente e della
efficienza energetica.
L'abbandono del carbone comporterebbe  la conseguente dismissione del vastissimo compendio Enel in Via Valdilocchi, prospiciente l'OTO Melara fino a Fossamastra, che liberato dai due enormi carbonili asserviti all'uso termoelettrico del carbone,  restituirebbe alla città una grande offerta di aree produttive appetibilissime in quanto contemporaneamente a bocca di autostrada  e di porto commerciale.
Non credo che in Italia o in Europa vi sia solo l'impresa Malacalza  che abbisogni di aree così ottimamente servite ed infrastrutturate.
Inoltre potrebbe essere destinato a ben altre funzioni mercantili il grande molo che nel porto è dedicato alle grandi carboniere che riforniscono la centrale Enel sui due lati dello stesso.
Potrebbe così risolversi la realizzazione della Stazione Marittima con una spesa minima; quella occorrente alla realizzazione  di un edificio di servizio e connessa dotazione infrastrutturale.
Ipotesi su cui riflettere e dibattere, naturalmente. Ma di certo l'abbandono del carbone in centrale va anche oltre la pur necessaria  e fondamentale iniziativa per un ambiente nettamente migliore.
Resta il fatto che per governare occorre avere qualche progetto ambizioso su cui tutta la città possa ritrovarsi partecipe e concorde, e per esso occorre battersi conseguentemente facendo leva sulla partecipazione.
"Faber est suae quisque fortunae" (Ciascuno è artefice della propria sorte) si leggeva nella letteratura latina. E così dicevano gli antichi romani a cui certo non mancavano l'ottimismo e l'ambizione per le grandi imprese.


                                                                                                   Sandro Bertagna

1 commento:

  1. Intanto vorrei ringraziarti per quelle che hai definito ingiustamente le tue lungaggini. Ormai ci stiamo abituando a sproloqui di ogni forma e natura politica che quando ci troviamo di fronte a queste analisi mi appaiono boccate d'ossigeno, quindi ancora grazie.
    Il tuo pensiero mette in moto alcune considerazioni. Molto sinteticamente, la prima è che oggi, la coscienza civica, la capacità di mobilitàzione dei cittadini e la spirito di costruzione di forme di lotta (in questo caso di natura ambientale e di salute) sono davvero al lumicino.
    La seconda è che la classe dirigente di questa città paradossalmente ritiene il passaggio dell'AIA un successo, (così come la deperimetrazione del SIN di Pitelli?) in una strana commutazione dei parametri di valutazione, credo avendo perso una grande occasione di imporre una visione (forse perchè non v'è traccia) di riconversione della centrale e di sviluppo di un polo energetico innovativo, dove produrre strumenti ed energia guardando al futuro, non al passato.
    Ma viene in mente un'affermazione di un certo Ivan Strozzi, quello che fu l'AD di ACAM (che se non ricordo male ha tra il corebusiness anche l'energia) il quale disse "le energie rinnovabili? sono pugnette". Chapeaux
    Un carissimo saluto

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