Ora che Lorenzo Forcieri, salvo
sorprese, sta per essere rinominato -dal Ministro dei Trasporti, d’intesa con
il Presidente della Regione- Presidente dell’Autorità Portuale, può essere di
qualche utilità rileggere le cronache degli ultimi mesi, “fare il punto” sulle
principali questioni aperte e porre qualche domanda.
Inizio dal famoso tweet del 5
aprile del Presidente della Regione Burlando “Salviamo la Marina del Canaletto”,
partito di fronte a una tavola imbandita con i nostri muscoli: un capolavoro
dell’eterna arte del “facite ammuina”, tesa a produrre il maggior rumore
possibile e la più grande confusione per mascherare la riproposizione statica
delle vecchie scelte.
Era già chiarissimo allora, anche se qualcuno ci cascò. Del
resto il Piano Regolatore del Porto era stato approvato in Regione quando
Burlando era Presidente… E comunque Burlando fu subito onesto: “Confesso, non
conosco i dettagli del PRP alla virgola” (La Nazione, 6 aprile). Peccato che la ricollocazione
della Marina del Canaletto non sia un dettaglio, ma il “cuore” del PRP, perché
rende possibile la continuità del porto e il suo ampliamento con il terzo
bacino. Ma quello che al Presidente interessava era altro: una bella reprimenda
a Forcieri, per poi rinominarlo. “Occorre lavorare di più per traguardare
l’equilibrio di tutte le esigenze” (La Nazione, 6 aprile); “Di recente c’è stata la
questione della concessione pluriennale di cinquant’anni alla Contship. E’ bene
che oggi un privato investa, ma il modo in cui si è realizzato ha fatto venire
fuori dei malumori. Non deve più succedere per il futuro”; “Servono percorsi
partecipati per il PRP e mi pare che qualcuno si sia lamentato che non siano
stati fatti a pieno” (Il Secolo XIX, 8 aprile). Il Sindaco Federici non fu da
meno, bacchettando Forcieri e rivendicando il ruolo centrale del Comune su
tutti gli altri enti: “Il Comune deve esercitare un ruolo primario di guida dei
processi che riguardano l’urbanizzazione della città, come quello del
waterfront o quello del riposizionamento delle Marine. Ringrazio tutti, ma di
queste cose me ne occupo io” (La
Nazione, 7 aprile). Dopo gli affondi, un mese dopo, la riconferma.
In primo luogo da parte di Federici, che annunciò che il Comune avrebbe
riproposto Forcieri nella terna al Ministero: “Nelle scelte strategiche per il
futuro del porto mi aspetto sempre un coinvolgimento pieno, non solo formale.
Per la realizzazione del PRP occorre uno scatto di operatività. Nel contempo
vanno date risposte convincenti ai quartieri del levante per quanto riguarda la
fascia di rispetto e gli interventi di ambientalizzazione. Troppo tempo è stato
perduto, ora prevalgano intelligenza e capacità di dialogo. Quelli indicati
sono i punti di un accordo pubblico e trasparente. Mi sono incontrato con
Forcieri e ho riscontrato la sua condivisione” (La Nazione, 7 maggio).
Bene, le parole del Sindaco sono
condivisibili. Il PRP è legge, e come tale è vincolante per tutti: va attuato
rispettando le fasi temporali e le prescrizioni ambientali previste,
coinvolgendo il “Tavolo permanente pubblico”. Se in questi anni si fosse
operato con coerenza in questo modo, non si sarebbero accumulati ritardi così
gravi e si sarebbe favorita la massima condivisione delle scelte, evitando il
ritorno dei ricatti incrociati tra le ragioni del lavoro e quelle dell’ambiente,
che sembravano ormai superati. Ricordo che il PRP fu approvato in Consiglio
Comunale nel 2002 praticamente all’unanimità (con un solo voto contrario),
grazie a un ampio processo partecipativo che vide convergere su una proposta di
sintesi tutte le forze in campo, compresi i cittadini del Levante allora
rappresentati dalla V Circoscrizione diretta da Franco Arbasetti. Se ci
pensiamo bene, i “nemici” del porto non sono certamente coloro -come i
cittadini del Levante- che chiedono il rispetto del PRP e la sua rapida
attuazione! Ecco allora la prima domanda: che cosa prevede “l’accordo pubblico
e trasparente?” Come e quando saranno realizzate la ricollocazione delle
Marine, la fascia di rispetto e tutte le misure previste dalle prescrizioni ambientali?
Il Sindaco, nella fase della “reprimenda”, propose di ricollocare la Marina del Canaletto nel
nuovo waterfront: “Credo che tra le attività presenti sulle calate Paita e
Malaspina ci dovranno essere anche le realtà che sono la storia della città,
come quelle della Marina del Canaletto: i mitilicoltori, la borgata, le
associazioni storiche. Queste attività costituiscono vitalità storica e
tipicità. Sul nuovo waterfront potrebbero costituire un valore aggiunto in
grado di dare un vero contributo popolare e sociale al contesto” (La Nazione, 7 aprile).
Forcieri rispose subito “niet”: “Il waterfront non è il luogo deputato alle
barche da diporto”. La proposta del Sindaco è ancora in campo? O rimane valida
la scelta del PRP della ricollocazione a Levante, tra il molo Enel e il molo
Pagliari? E, se è così, come credo, a quando un progetto vero e partecipato? E’
la domanda fondamentale, perché tutto il resto, cioè lo sviluppo del porto, non
può che venire dopo! Su questo punto chiave tre consiglieri comunali del Pd,
Marcello Delfino, Tiziana Cattani e Iacopo Montefiori, hanno presentato pochi
giorni fa un’interpellanza che contiene una forte critica all’Autorità Portuale
per il mancato funzionamento del “Tavolo permanente pubblico” previsto dal PRP
e per aver “violato il patto città-porto disconoscendo il ruolo di governo del
territorio degli Enti locali, cui spetta il compito di mediazione tra le
istanze del territorio in modo che prevalga l’interesse generale e non quello
di parte”. E’ assolutamente necessario, hanno scritto, “recuperare lo spirito
dell’accordo tra gli enti, grazie al quale le amministrazioni precedenti e la
gestione precedente dell’Autorità Portuale hanno realizzato un obiettivo di
grande valore sul piano politico e culturale per la nostra città”. La risposta
in Consiglio Comunale dell’assessore Savoncelli è stata netta: si è impegnato a
farsi carico della ripresa dei lavori del Tavolo, “non escludendo, se
necessario, l’eventualità che il Comune riassuma l’esclusiva responsabilità di
guida e coordinamento del Tavolo stesso”. Insomma, l’”ammuina” è servita per
confermare un assetto di potere, ma siamo ancora lontani da “un accordo
pubblico e trasparente”.
Una seconda domanda: una volta
risolto il problema della ricollocazione e delle misure ambientali, si potrà
procedere alla realizzazione del terzo bacino. L’Autorità Portuale ha scelto di
far realizzare l’opera a un privato già operante nel porto -Contship- in cambio
della concessione dell’opera per 53 anni, con un canone da pagare. Nessuna obiezione
di principio, anzi. La legge 84/94 consente l’opzione su più progetti, prevede
una discussione del business plan, vincola il concessionario a determinati
investimenti e al pagamento di un canone per la concessione. Il problema è che
in Comitato Portuale il rappresentante del Comune, l’assessore Savoncelli, si
astenne; e che poi il Sindaco chiese un supplemento di istruttoria per
verificare la legittimità dell’atto. Insomma: fu posta la questione di un
comportamento “autorevole” dell’Autorità Portuale, non al servizio del
terminalista (come ricordato da Burlando). La risposta, almeno quella “pubblica
e trasparente”, non è mai arrivata. Non è bene che il Sindaco riferisca in
materia al Consiglio Comunale e alla città?
La terza domanda riguarda il waterfront.
L’ultima volta se ne è discusso nella fase della “reprimenda”, poi più nulla.
Burlando disse, chissà perché, che “con l’arrivo delle navi da crociera al molo
Garibaldi il progetto del waterfront è superato” (Il Secolo XIX, 8 aprile). Il
PRP prevede che il molo Garibaldi sia dedicato ad ospitare le attività portuali
oggi ubicate in calata Paita: se rimane per le crociere addio waterfront, è
vero. Ma sarebbe una sciagura! La scelta di Forcieri non può che essere quella
della provvisorietà della scelta dell’attracco delle navi da crociera nel molo
Garibaldi, non può cioè prestarsi ad un superamento o accantonamento delle
scelte fatte da anni su calata Paita. Federici, invece, in quella fase fu
tranchant con entrambi i progetti Lavador: “Il secondo progetto (il masterplan
fortemente voluto da Forcieri) paradossalmente è più vecchio del progetto
vincitore del concorso di idee. Uno studio dell’Università Bocconi,
commissionato proprio dall’AP, ha dimostrato l’insostenibilità economica del
progetto. Non possiamo più permetterci di aspettare ancora anni per restituire
quella parte di porto alla città. Si smetta di parlare di fronte a mare e si facciano invece i primi
interventi… Penso a un contenitore culturale dedicato alla subacquea, alla
tecnologia del sommerso, alla marineria.” (La Nazione, 7 aprile). E
annunciò la costituzione di un gruppo di lavoro con la Marina chiamato a
trasformare, in due mesi, la suggestione in progetto. Netto, anche in questo
caso, il “niet” di Forcieri: “La crisi che ha preso il sopravvento dopo la
presentazione del progetto rende lo stesso ora insostenibile, ma i suoi
fondamentali restano validi”. Dopo di che è sceso il silenzio su tutto.
L’”ammuina” non ha portato ad alcuna proposta concreta per uscire dallo stallo.
Non sarebbe bene, invece, riaprire il confronto, e renderlo partecipato? Se il
masterplan è insostenibile dal punto di vista economico -e, aggiungo, da quello
ambientale- non sarebbe il caso di ripartire non da zero ma dall’idea
progettuale vincitrice del concorso di idee, sviluppando un percorso partecipativo?
Con l’obbiettivo di un suo miglioramento e di una sua realizzazione a stralci, dentro però
un disegno organico. Attenzione: il waterfront ha bisogno anche di investimenti
pubblici, oggi possibili solo con i finanziamenti europei 2014-2020. Ma il
tempo stringe: vogliamo parlarne prima di perdere un’occasione storica?
Giorgio Pagano
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