La sinistra italiana, che pure esprime Presidenza della Repubblica, del
Consiglio, di Camera e Senato, di tante commissioni parlamentari, in realtà non
è mai stata così debole: è al minimo storico nella sua capacità di influenza
politica e culturale. Il collasso della classe dirigente del Pd ha come
epicentro il mancato voto al suo fondatore da parte di 101 franchi tiratori: vale
a dire il ribaltamento della sua proposta elettorale e la “resa” al suo
avversario storico senza avere neppure il coraggio di dichiararlo. In questo
modo Berlusconi, nonostante la sconfitta, ha vinto il dopo elezioni, e il Pd
l’ha perso. La Grande Coalizione si regge su rapporti di forza non giustificati
dai numeri ma dalla politica del dopo voto, grazie ai quali Berlusconi impone
la sua agenda (vedi Imu) e lucra un crescente consenso elettorale, cercando nel
frattempo, con la campagna sullo “Statista”, di raggiungere la meta dell’impunità
nel giudizio degli italiani.
Si poteva evitare? Molti ritengono di no, che questo rovesciamento abbia
ragioni “oggettive”. E’ la resa al “principio di realtà” e al “principio di
necessità”, secondo cui non ci sarebbero altre strade. Ma la verità è che le
alternative ci sono sempre. Affermare il contrario è affidarsi a un’ideologia
che ci consegna alla balia degli eventi, schiacciando ogni progettualità.
L’ideologia dei “politici realisti”, che conoscono solo il linguaggio del
potere e la retorica dell’”interesse nazionale” e negano la politica come
rappresentazione di idee alternative. Perché non proseguire con il “metodo
Boldrini-Grasso”? Bisognava rinunciare a Bersani, aprire a una personalità di
sinistra per il governo (Rodotà, per esempio) e ad una figura come Prodi al
Quirinale, e si sarebbe riaperta la partita del “governo del cambiamento”,
inseguita male per due mesi. Il M5S sarebbe stato stretto in una morsa, gran
parte del suo elettorato l’avrebbe spinto a rinunciare alla demagogia e
all’irresponsabilità. Il cambiamento della sinistra avrebbe comportato il cambiamento
del M5S, o di parte di esso. Conosco tutte le obiezioni possibili su Grillo, e
in parte le condivido. Ma il punto è un altro: è la rinuncia da parte del Pd ad
ogni ambizione “egemonica” (in senso gramsciano), a mettere il M5S in
difficoltà con un’iniziativa incalzante, a tentare la “pacificazione” non verso
il passato ma verso il futuro, ascoltando il “risentimento” popolare e dandogli
una prospettiva ideale e politica. Berlusconi sarebbe finito, mentre oggi
incombe più che mai, perché è il suo punto di vista ad essere il fondamento
oggettivo della Grande Coalizione. Cresce la spinta verso l’omologazione
nazionale, in cui le distinzioni tra destra e sinistra scompaiono e in cui si
assorbe ogni spinta “divisiva” (la nuova orrenda parola che connota il lessico
politico). Ma mentre la vecchia politica si chiude nel suo recinto, fuori tutto
si infiamma. Anche Grillo, quindi, continua ad avere un grande spazio politico.
Chi è impoverita è la sinistra, che si ritrova, come mai nella sua storia,
lontana dal suo popolo. Che viene spinto, da Grillo come dall’establishment, a dimenticare
il conflitto sociale e a prendersela solo con la Casta della politica (che pure
esiste) e non anche e soprattutto con i nuovi “padroni” del potere finanziario
Come è potuto accadere? Viene in mente, a dieci anni dalla scomparsa,
l’ultimo articolo di Luigi Pintor, grande giornalista e “coscienza critica”
della sinistra: “La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo
perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette… ha
raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della
destra, ma anche al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro
internazionale e interno…”. Non possiamo
più sfuggire alla verità: la crisi del Pd viene da lontano, dall’essiccarsi di
Ds e Margherita già a metà degli anni 2000, ed era insita nell’equivoco della
sua nascita, l’”amalgama malriuscito” di due partiti spenti e di due classi
dirigenti logorate dal tatticismo e sfibrate dalle rivalità interne. Classi
dirigenti ormai ridotte a ceto politico. Ed è chiaro che, quando la tua
identità è debole e non hai idee forti, sei terra di conquista da parte degli
altri, e quindi subalterno al liberismo e al leaderismo della destra. Che fare,
allora? Se la crisi del Pd dovesse assumere aspetti distruttivi sarebbe la
sconfitta anche di chi, come me, non condivise quella scelta. Occorre
impegnarsi in ogni luogo, nei movimenti e nelle esperienze sociali, accanto a
Sel o all’interno del Pd, per ricostruire la sinistra. Uno schieramento
sociale, politico, culturale alternativo alla destra certamente contrario alla
“pacificazione” e all’impunità per Berlusconi, ma non fondato solo
sull’antiberlusconismo. Una sinistra insieme laburista ed ecologista. Una
sinistra che non voglia rappresentare tutti -perché in questo modo si finisce
per non rappresentare nessuno, e alla fine nemmeno se stessi- ma che abbia un
suo campo, un blocco sociale sulla base del quale misurare le sue scelte. Un
campo che non può che essere quello del lavoro, così devastato in questi anni. Il
bacino elettorale della sinistra è troppo ristretto: i giovani, gli operai, i
lavoratori autonomi l’hanno abbandonata. E’ da loro, innanzitutto, che si deve
ripartire, con un’opera di riunificazione di mondi frammentati che guardi sì agli
interessi economici ma che sappia soprattutto ricomporre grazie a una grande
“narrazione” politica. Certo, poi si proporranno idee per il Paese tutto e si
dovranno fare anche i necessari compromessi. Ma potremo giudicarli accettabili
o meno se sapremo chi siamo, e qual è il nostro campo di riferimento. E’ un
lavoro di lunga lena, che deve cominciare già oggi con idee e lotte che rompano
con l’impianto “asociale” della Grande Coalizione.
Giorgio Pagano
La sinistra, oggi, ha paura di essere a sinistra. Guarda soprattutto all'elettorato di centro e finisce con lo scontentare un po' tutti. Il PD fa accordi con Monti e contribuisce a salvare il pluricondannato Berlusconi. Bersani ha fallito, Bertinotti ha fallito, Veltroni ha fallito... Epifani dichiara "se il Governo aumenta l'IVA il PD si farà sentire", dimenticando che al Governo c'è il PD. La sinistra o presunta tale si sta distruggendo da sola. Ahinoi.
RispondiEliminaClaudia Bertanza
Il commento di Claudia fa riflettere. La sinistra ha paura di fare la sinistra, è vero. La sinistra, mi scriveva il mio amico fraterno don Gallo, “quasi non esiste”: “è quasi fuori dalla storia”. Eppure qualcuno dovrà pur dare voce, nel nome del grande valore dell’eguaglianza, ai milioni di italiani che stanno male e che staranno peggio. Al mondo del lavoro, ai giovani, agli emarginati. Io penso che la sinistra sia un fatto sociale prima che politico. Ora la rappresentanza politica di questo “fatto sociale” è “quasi inesistente”. Ma il vuoto non resiste a lungo: la sinistra politica prima o dopo rinascerà. Certo, il prima e il dopo sono cruciali, perché coloro che la sinistra dovrebbe rappresentare, e con loro il Paese, non ce la fanno più. Il quadro è desolante, ma non dobbiamo arrenderci. Il pensatore a me più caro è Antonio Gramsci: è molto studiato in tutto il mondo, più che nel suo e nostro Paese. In un quartiere di New York, nei giorni scorsi, gli hanno dedicato un monumento. Appeso alla finestra di un vicino grattacielo c’è un grande lenzuolo bianco con la scritta: “Sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista con la volontà”. E’ una frase che Gramsci pronunciò alla Camera nel 1925, nel suo primo e unico discorso, prima di essere incarcerato dal fascismo. Nel 1937, poco prima di morire, Gramsci scrisse di avere l’impressione che la sua vita fosse stata “un grande errore, un dirizzone”. Era gravemente malato, isolato dal partito, con cui era in profondo disaccordo. “Era un eretico -scrive Bruno Gravagnuolo- ma non molla mai, e fa da spina nel fianco del suo mondo”. Soffre, dubita, si chiude in se stesso, ma non rinuncia mai a cercare di influenzare il suo partito. E’ una grande lezione. Ognuno di noi, nel suo piccolo, deve cercare di fare come lui: operando dove meglio ritiene, nelle associazioni come nei partiti, nel mondo della cultura come in quello della solidarietà, perché la sinistra politica rinasca. Con le idee e con le azioni. Tanti che non si sono perduti ci sono ancora. Ripartiamo da loro, e -è sempre una frase del Gallo- “teniamo i fuochi accesi”.
RispondiEliminaGiorgio Pagano