Sul Corriere di oggi compare
l'editoriale di Angelo Panebianco dal titolo "Un armistizio
indispensabile". Alla buon'ora!
Il politologo, sempre attento alle
ragioni sociali e politiche della destra,
si accorge che l'enfasi con cui da quel campo si è parlato a sproposito
di "larghe intese" o di "governo politico, frutto di un'alleanza
politica" in realtà era mera propaganda
alimentata dal PdL e dal suo leader.
Il PD e il PdL erano e restano partiti
alternativi, con progetti politici diversi . Tutto il resto che viene detto, a
destra come a sinistra nonchè da Grillo, sono solo chiacchiere. Possono nuocere
al Pd, per questo le fanno, ma sempre chiacchiere rimangono.
Del resto è lo stesso on. Alfano che
riconosce ora che "Il governo non vive della solidarietà dei partiti, ma
della comune volontà di realizzare il programma." Per l'appunto; ma è già
qualcosa.
Più vicina alla realtà è la valutazione
che si è ragionevolmente dato vita ad un governo di "armistizio
indispensabile"ed obbligato aggiungo, figlio del risultato elettorale e
dei reali rapporti di forza in Parlamento determinati dagli elettori. Esso
nasce anche dalle preclusioni del Movimento 5 Stelle ad aprirsi ad un dialogo e
ad un rapporto politico, anche limitato, col PD, nonchè dal pressante allarme
sociale sempre più acuto e doloroso. Ha pesato certamente anche la proccupata
valutazione sui rischi di un collasso istituzionale della Repubblica qualora la
governabilità non fosse stata trovata in un succedersi inconcludente di
reiterati ricorsi al voto degli elettori
sempre col Porcellum.
Siccome penso anche che non si debba mai
scaricare solo sugli altri o sul destino le colpe delle vicende avverse,
occorre a tutto ciò anche affiancare la valutazione dei propri errori e delle
proprie
inadeguatezze. Ed il PD entrambi li ha
mostrati, sia durante la campagna elettorale, sia sulla gestione politica del
dopovoto. Dopo le primarie è prevalso un fiducioso attendismo su di un esito
che ci appariva scontato e positivo. Forse poco prima del voto si avvertì che
così non era, ma ormai era tardi per far intendere un reale cambiamento di
impostazione
Poi , dopo il responso elettorale, ci si
è troppo a lungo arroccati su un obiettivo politico, certo desiderato e
coerente con la proposta elettorale, ma che il voto degli italiani e il numero
dei seggi al Senato rendevano quantomeno
molto difficile da ottenere. Ci siamo illusi – io per primo- sulla portata
dell'elezione del sen. Grasso alla Presidenza del Senato, avvenuta mediante
ballottaggio con l'apporto determinante di una frangia dei 5 Stelle e con le
schede bianche di Scelta Civica. Ci parve quel giorno che si schiudesse una
possibilità, uno spazio politico per una qualche intesa, anche ridotta
all'essenziale, con il movimento di Grillo. Ma fu subito chiaro, nei giorni
immediatamente successivi, con la reazione stizzita che quel movimento espresse
nei confronti di quei voti in libera uscita (rientrati prontamente nei ranghi)
che quel voto era un episodio a sè.
Il lungo insistere sul mandato a Bersani
precluse, di fatto,ogni apertura per
tentare uno sbocco diverso alla crisi. Con i se e con i ma non si fa storia;
certo è che non fu tentato verso il Movimento 5 Stelle un approccio politico su di un nome tra noi e
loro.E soprattutto non fu avanzata tale indicazione al Presidente Napolitano.
Che avrebbe potuto , con la rinuncia di Bersani e la richiesta in tal senso del
partito maggiore, affidare un mandato esplorativo ad una personalità quale Zagrebelsky o
Rodotà.
Illusioni sull'esito? Forse.Nella
peggiore delle ipotesi oggi Grillo urlerebbe di meno contro noi ed urlerebbe di più, contro di lui, buona
parte del suo elettorato.
Vi fu poi l'intreccio tra il tentativo
di Bersani e la pausa per l'elezione del
Presidente della Repubblica. Apparve in quel momento un'apparente apertura di
Grillo con l'offerta di una convergenza nel voto del Prof. Rodotà alla
Presidenza della Repubblica. Per il modo impositivo con cui venne proposto, ed
anche per la reticenza con cui lo stesso Rodotà mai richiese esplicitamente il
voto del PD, in quei giorni , pensando a Grillo, mi venne spesso alla mente
quel personaggio del teatro dialettale milanese, il Tecoppa, che urla alla morosa che scappa
" Fermati e abbracciami, che t'infilzo ". Col pugnale, ovviamente.
Non intendo eludere inoltre il dolore e
lo smarrimento, per altro non dire, causato dal voto che molti parlamentari del
PD hanno reso per l'elezione del Presidente della Repubblica. Forse neppure
hanno riflettuto sulla ferita che hanno aperto nel proprio elettorato
affossando la potenzialità della candidatura di Prodi, che comunque riguardava
una delle figure identitarie del PD stesso. Meno convincente e comunque
reticente è però la condanna di quel fatto da parte di chi non ha diretto
quegli appuntamenti parlamentari; affidandosi ad una regia ondivaga ed
affrettata, senza una schietta discussione politica e in un confronto serrato
con i gruppi parlamentari ; soprattutto senza riflettere sulle conseguenze che
discendevano dalla decisione di Scelta Civica di votare per la Cancellieri.
Penso così che, in quelle concrete condizioni, Prodi non sarebbe stato eletto
neppure col voto compatto di tutti i parlamentari PD.
L'assetto di governo che, dopo la
rielezione di Napolitano, ne è risultato,come ho già detto, è principalmete la
conseguenza del voto elettorale degli italiani e delle loro scelte politiche.
Bisogna prenderne atto interrogandoci semmai perchè gli elettori hanno
determinato quei rapporti di forza in Parlamento. Ma chiedendoci anche se
e quanto ha inciso la gestione politica
del dopo voto. Penso che probabilmente sarebbe finita comunque più o meno così
come si è conclusa. In modo difforme dal nostro obiettivo elettorale. Capisco
quindi la delusione ed anche l'amarezza individuale. Ma un partito va oltre
questi stati d'animo discutendo e confrontandosi, deve continuare a far
politica nelle condizioni date dall'elettorato. Non può far l'offeso dal
responso democratico delle urne, nè può finire paralizzato ogni qualvolta gli
elettori non abbiano corrisposto ai propri desideri.
Ora vi è un governo: è il governo Letta,
da lì si riparte. E' presieduto da un nostro dirigente, autorevole e
qualificato, a capo di un esecutivo e di una maggiorenza composite con il
centrodestra.. I problemi sono enormi, in un clima politico non certo facile.
Con essi il governo e la sua maggioranza devono misurarsi. Un governo di
servizio, si autodefinisce. Il PD deve
ottenere che esso serva agli italiani, con l'inziativa e con la
battaglia delle idee e delle proposte. Misurando in ciò la propria capacità a
competere sulla scena politica. E facendo della nostra competitività politica
il centro della nostra imminente riflessione congressuale.
Già nei prossimi mesi, quattro o cinque
mesi, dovremo misurarci con passaggi epocali in Italia ed in Europa. A fine
Giugno e a fine Ottobre in Europa si definiranno indirizzi ed assetti politici
decisivi per l'Italia e per il nostro futuro. Su questi influiranno le
decisioni del Governo e gli orientamenti degli italiani.
Sarà decisiva la consapevolezza, per quanto ci
riguarda, che il nostro congresso non avverrà in un tempo di bonaccia ma
attraverserà un tornante decisivo e cruciale della storia del Paese e
dell'Europa. Ed altrettanto decisivo sarà il modo con cui il PD di ciò saprà
parlare e rapportarsi con gli italiani.
Sandro Bertagna
Condivido l'analisi. Proprio per questo ho dato le dimissioni dal PD, in quanto non ho potuto trovarvi alcuna necessità o volontà di fare analisi di politica economica,neppure la considerazione che la profezia del grande economista Marx sulla fine del Capitalismo si stava avverando, a seguito del capovolgimento criminale della scala dei valori. Mentre i valori finanziari devono sottostare ai valori economici, si stava assistendo all'inverso. Se si fosse fatta più analisi sarebbe stato possibile armonizzare le istanze degli iscritti di estradione marxiana (o anche marxista) con gli iscritti di estradizione cattolica, perché anche nella scala dei valori propugnati dalle Encicliche Sociali della Chiesa i valori finanziari devono sottostare ai valori economici.
RispondiEliminaLe due scale sono parallele. In fondo devono stare i valori finanziari, più sopra i valori economici, più sopra i valori umani, più sopra ancora i valori etici. Più sopra ancora, per i soli credenti, i valori religiosi o del sacro. Ma questo spezzone estremo di scala non doveva creare differenza alcuna nella prassi politica e partitica.
Certo che sia per gli iscritti di derivazione marxiana e marxista, sia per gli iscritti di derivazione cattolica, bisognava spiegare che fra i valori economici esisteva anche l'ambiente, anche se - purtroppo - nell'insegnamento di econometria si evitava e si evita di calcolarne l'incidenza nella valutazione della applicazione del principio del minimo mezzo.
Sarà possibile, in nuovo partito, o in una rifondazione del PD, affrontare questi problemi fondamentali per la vita politica e partitica?
enrico calzolari
semiologo d'ambiente e ambientalista