martedì 23 luglio 2013

Sui vizi retorici dell’attuale governo
di Franco Bertini

Chiunque si accosti, provando a ragionare,  a quanto  politicamente accade in questi giorni, non può non accorgersi che questo governo utilizza banali strumentazioni retoriche che sono, ahimè, il lascito del berlusconismo ai nuovi berlusconiani (fra cui ormai purtroppo sembra di dover annoverare tutta la compagine PD di governo). C’è uno strumento tipico della retorica che già Aristotele studiava con cura, ed è quello pseudo ragionamento che si chiama “entimema”. Al di la del termine ostile l’utilizzo dell’entimema è frequentissimo ed in esso ci imbattiamo continuamente. Se io dico ad esempio: “E’ italiano, quindi ha buon gusto”, esprimo in forma di ragionamento deduttivo quella che è in realtà una argomentazione retorica, che ha cioè solo scopo persuasivo, non dimostrativo. Infatti considero come dato certo la premessa del ragionamento (che gli italiani abbiano buon gusto) e quindi traggo le conseguenti deduzioni. Le pubblicità televisive e non usano con grande frequenza questo metodo persuasivo, perché è indubitabilmente molto efficace, in quanto si fonda su premesse che sono luoghi comuni e quindi sono anche di facile presa. Ma che cosa sul piano logico non funziona in questo pseudo-ragionamento? Che la premessa su cui si fonda è tutta da dimostrare.
Chi mi dice che gli italiani hanno buon gusto? In questo caso specifico possiamo portare come prova della correttezza dell’argomentazione solo il fatto che sia opinione molto diffusa quella del buon gusto degli italiani. Ma siccome tra l’altro non sempre si possono utilizzare a proprio vantaggio opinioni diffuse (se io, ad esempio, voglio vendere un prodotto di sartoria belga, o finlandese non posso partire dalle premesse del buon gusto degli italiani) la pubblicità costruisce con il metodo della ripetizione invasiva e in tempi piuttosto rapidi opinioni diffuse. E così fa il berlusconismo da sempre. Un esempio è il seguente. Alla obiezione sull’anomalia di un capo di partito che non si dimette a causa dei suoi gravi problemi giudiziari come verrebbe fatto in tutti gli altri paesi del mondo,  si risponde che in Italia , come è noto, vi è piuttosto la grave anomalia dell’uso politico della giustizia. Dopo di che, in ogni intervento in qualsiasi talk show televisivo si continua a ripetere, a mo’ di indubitabile premessa, che “poiché in Italia la giustizia è politicizzata” non ci si può difendere “nei” processi ma bisogna difendersi “dai” processi. Siccome, come è ben noto ai pubblicitari, la ripetizione crea assuefazione e consenso, ben presto si potrà tranquillamente argomentare sui giudici dando per scontato che essi siano politicizzati, senza più neppure dirlo.
Vi chiederete che cosa c’entra tutto ciò con il governo Letta. C’entra perché è evidente che l’idea da cui tutto si deduce (e che questo governo utilizza a volontà) che “sarebbe drammatico se questo governo cadesse”, è ciò da cui deriverebbe la necessità di accettare tutto e il contrario di tutto, comprese le recenti nefandezze (non dimissioni di Alfano, non dimissioni di Calderoli, e vedremo quello che accadrà con le sentenze definitive ai processi Berlusconi…). Ma mi chiedo: è indiscutibilmente dimostrato che la caduta di questo governo sarebbe una tragedia? O affermarlo è piuttosto una formula magica ed esorcistica con cui chi governa intende difendersi dal pericolo di non governare più? In merito si obietta che se cade il governo ci sarà l’instabilità e quindi verremo travolti dalla crisi. A parte che si potrebbero citare esempi europei di governi caduti e ribaltati in questi anni di crisi senza che nulla di peggio accadesse (anche nel caso Grecia la crisi politica è conseguenza della crisi economica, non causa di essa), resta ancora da dimostrare che questo governo stia affrontando davvero l’emergenza, come invece viene dato, senza prove (direi semmai con molte prove contrarie), per scontato.
Vi è poi l’obiezione, onestamente sconcertante, che non vi sia alternativa a questo governo. Le alternative ci sono eccome. La prima è quella di tornare alle urne e vada come vada. Ma, si obietta, Napolitano non lo consentirà mai. Bene, perché non mettere il nostro presidente alla prova dei fatti, per (citando Jannacci) “vedere l’effetto che fa”? La seconda alternativa è un'altra maggioranza in questo parlamento. In realtà, per chi governa e non solo, questa è la possibilità più spaventevole.  Ora, vorrei che fosse chiaro, l’alta improbabilità di questa seconda ipotesi non è nei numeri, ma nelle volontà. E i limiti per la realizzazione di questa possibilità sono determinati non dal PDL, che nulla potrebbe, ma dallo stesso PD (i cui dirigenti hanno fatto e faranno di tutto per evitarla) e dal comportamento per me incomprensibile dei parlamentari del M5S. E, faccio notare che, a scanso di equivoci e di possibili cedimenti della compagine parlamentare cinque stelle, qualche giorno fa Casaleggio ha parlato forte e chiaro: mai e poi mai un governo con il PD, ha detto. E fra le righe si leggeva il seguente messaggio: “State tranquilli, oh voi conservatori di tutt’Italia, che finché io e Grillo governeremo il movimento lasceremo che tutto resti com’è, proprio come piace a voi”.
Concludo. Quando si combattono, e se si vogliono combattere, battaglie di opposizione e di  minoranza, bisogna rendere evidenti le contraddizioni dell’avversario, smascherare i suoi falsi ragionamenti, gridare forte che “il re è nudo”. Più riusciremo a farlo più restituiremo credibilità alla possibilità di un’alternativa.


                                                                                Franco Bertini

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