Siamo abituati a fare i conti con il
modo di ragionare e con le idee degli altri, anche quando sono
espresse con insulti e provocazioni francamente dure da digerire.
Se questi vengono da destra, pur
riflettendo, si rispediscono al mittente e si va oltre;..."non
ti curar di lor, ma guarda e passa."
Il mio atteggiamento cambia però
quando vengono da forze o persone dotate di spessore culturale e di
orientamento progressista. Personalmente non conosco il prof. Bertini
che gode però dell'amicizia e della stima di alcuni miei amici e
compagni. Di lui so che è un valido insegnante del Liceo Costa
nonchè autore di studi e pubblicazioni.
Abbiamo ricevuto da lui due articoli
entrambi pubblicati su questo blog. L'ultimo riguarda essenzialmente
il quadro politico attuale, gli assetti di governo dopo l'esito del
voto. Il primo invece contiene riflessioni, anche condivisibili, sul
nodo cruciale del rapporto tra lavoro e diritti -persino di rilevanza
costituzionale – concludendo con una nota allarmata sul "gravissimo
rischio" di una riforma della Costituzione.
Entrambi gli articoli esprimono
tuttavia un'acredine di fondo nei confronti del PD, una sfiducia
aprioristica talvolta supportata da valutazioni o supposizioni a mio
parere non fondate. Quale ad esempio che "questo governo vuol
fare una riforma costituzionale in senso presidenzialista".
Sicuramente così pensano alcuni suoi membri, ma a me non risulta che
il governo, quale organo collegiale, abbia mai assunto un atto in tal
senso. Oltretutto indebito, dato che il potere di modificare la
Costituzione appartiene solo ed esclusivamente al Parlamento ed in
ultima istanza al popolo con referendum costituzionale.
Nè mi risulta che il PD abbia mai deliberato nei suoi organi statutari o nei suoi congressi l'opzione presidenzialista. Naturalmente so bene che suoi singoli esponenti – a cominciare dal sindaco Renzi – auspicano tale sbocco o che altri ancora cincischiano sul bilanciamento tra i poteri immiserendo e svilendo il tutto riducendolo ad una buona legge sul conflitto di interesse. Miserie culturali, oltrechè politiche. Penso che su ciò stia venendo il momento in cui il PD dovrà finalmente decidere quale scelta fare e penso pure che vi sarà una battaglia limpida e di alto profilo. Una battaglia chiara, di quelle che lasciano il segno.
Nè mi risulta che il PD abbia mai deliberato nei suoi organi statutari o nei suoi congressi l'opzione presidenzialista. Naturalmente so bene che suoi singoli esponenti – a cominciare dal sindaco Renzi – auspicano tale sbocco o che altri ancora cincischiano sul bilanciamento tra i poteri immiserendo e svilendo il tutto riducendolo ad una buona legge sul conflitto di interesse. Miserie culturali, oltrechè politiche. Penso che su ciò stia venendo il momento in cui il PD dovrà finalmente decidere quale scelta fare e penso pure che vi sarà una battaglia limpida e di alto profilo. Una battaglia chiara, di quelle che lasciano il segno.
Spero che nel frattempo il Prof.
Bertini ci faccia la grazia della sua sospensione di giudizio in
attesa dell'esito di tale confronto. Se non altro per ritrovarci poi
più uniti e numerosi in occasione del referendum confermativo.
Anche perchè ad essa è collegata
un'altra questione di fondo: la crisi del rapporto tra cittadini ed
istituzioni e la crisi della politica in generale.Fenomeni che
investono diversi paesi e società. Non ho qui lo spazio per
affrontare questi temi che rimandano a questioni di portata storica
quali la globalizzazione, lo strapotere – ovvero il potere senza
limiti, vincoli e regole – del capitalismo finanziario a cui fa da
specchio l'incapacità strutturale di moltissini Stati nazionali,
tra cui il nostro, ad esserci ed a contare nel nuovo e storto mondo
del secondo millennio.
Ma in Italia c'è un qualcosa nella sua
politica di più grave ed insano. Che ha preso corpo, come offensiva
della destra a cui la sinistra non ha saputo dare una risposta
adeguata, col modo in cui il sistema politico italiano ha reagito
alla crisi dei partiti della fine degli anni '80. Si ritenne in vario
modo di rispondere a quella crisi, non con un ripensamento ideale e
culturale sulla natura e sul modo d'essere dei partiti, bensì con un
nuovo "sistema politico" basato sul personalismo e sul
leaderismo aggregante.
Su questa strada, sospinta dalla
destra, venne a prevalere una rivincita politica dei poteri forti,
economici e sociali, nei confronti del solidarismo sia di matrice
cattolica sia di quella socialista. Non si può dire che a sinistra
non si tentò di fare argine a questa deriva. Per questo fondammo il
PD con l'elaborazione che animò il convegno di Orvieto. Non sempre a
me pare che a quelle intuizioni siamo rimasti coerenti, tanto che
ancor oggi ritornano come esclusive e sovraordinate le logiche
totalizzanti delle primarie. Come se tutto debba iniziare e
concludersi in esse. La stessa vita del PD tra una primaria e l'altra
svanisce: persino la campagna elettorale è stata fatta
prevalentemente sul ricordo ripetuto delle primarie che si erano
concluse da tempo. Se le primarie sono il tutto, tanto valeva
rimanere all'Ulivo strutturandolo come grande comitato elettorale a
sostegno della leadership. Si dirà che l'Ulivo era diviso su tutto .
E oggi invece ? Si ironizza persino tra di noi sul rischio di avere
in Parlamento il più grande gruppo misto che la storia repubblicana
ricordi.
Volevamo e vogliamo un partito forte ed
adeguatamente coerente ed unito sulle questioni di fondo, in cui si
discute, si studia e si approfondiscono i temi che si impongono
all'agire politico e su cui si marcia uniti dopo aver deciso. Così
oggi il PD non è. Per fugare ogni equivoco io non ce l'ho con le
primarie, che anzi ritengo una modalità per ricercare una
partecipazione ampia ed allargata. Ce l'ho col vuoto oltre le
primarie. Mi indispettisce sentir dire che esse sono il Dna del PD.
Pensavo e penso che il nostro Dna fosse e sia il riformismo
democratico, l'ancoraggio alle sorti dei lavoratori e dei ceti
produttivi, di chi fa fatica a vivere senza giustizia sociale, al
destino dei giovani di oggi e di domani, ai temi forti dell'Europa
civile e politicamente unita che voglia superare il lungo prevalere
del dominio della destra liberista.In poche porole ritengo che il
nostro Dna debba essere la solidarietà secondo civiltà e giustizia
.
Si dirà che i vecchi, quale io sono,
sono preda facile della commozione. Cerco di non abbandonarmi ad
essa.Ma ci sarà pure un motivo per cui oggi io, nè cattolico nè
credente, mi commuovo nel profondo al nuovo messaggio di Papa
Francesco. Al netto della fede, che non ho, egli parla dei miei
valori ed ai miei ideali e ci fa sentire tutti meno soli di fronte
allo strapotere dei ricchi e di "lor signori".
Ritornando ai nostri terreni argomenti
ed alle fatiche del confronto quotidiano, ora che questo sistema
politico è in crisi e che neppure è in grado di assicurare una
normale governabilità al Paese, anzichè trarre dalle vicende e
dalle esperienze dell'ultimo ventennio una riflessione ed un
ripensamento di fondo, c'è chi continua a ripetere, nel PD, che la
risposta consiste nel creare macchine elettorali al servizio del
leader di turno senza neppure considerare che è proprio quello che è
stato fatto negli ultimi anni. E così si vorrebbe curare la crisi
ripetendo gli stessi errori che ad essa ci hanno portato: sorvolando
sul fatto che così si finisce per scivolare su un terreno già
battuto ampiamente dalla destra italiana. Non a caso anch'essa in
profonda crisi.
Il prof. Bertini ci provoca quando fa
propria la definizione di Revelli sul "governo delle due
destre". E' una provocazione da respingere, ma va colta la
denuncia del rischio di una subalternità culturale e politica della
sinistra riformista alla prassi della destra.
Oggi siamo, ancor prima di iniziare, in
piena campagna congressuale del PD. Si è partiti malamente. La
battaglia sulle "regole" mi pare non appassioni i nostri
iscritti, certo non può interessare l'elettorato democratico più
vasto. Anche se il non detto che sta dietro a quelle schermaglie ha
molto a che vedere con la sostanza dei temi che ho cercato di
trattare pur sommariamente. Altri ve ne sono e di analoga portata.
Occorre parlarne schiettamente, senza ipocrisie e senza
imbellettamenti propagandistici. Sapendo anche che l'esito del
congresso non è già definito a priori.
Un'ultima considerazione vorrei
proporre a Bertini: so che lui ci è avverso. Non è certamente
l'unico ad esserlo, pur da sinistra. Ne rispetto il pensiero autonomo
che non condivido, ma quando scrive "bisogna rendere evidenti le
contraddizioni dell'avversario, smascherare i suoi falsi
ragionamenti, gridare forte che " il re è nudo". Più
riusciremo a farlo più restituiremo credibilità alla possibilità
di un'alternativa." mi sorgono legittimi interrogativi.Davvero
pensa che il crollo del PD e la sua marginalità politica possano
dischiudere gli orizzonti di un'alternativa? E di che segno?
Sandro
Bertagna
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